Un millennials che vive la sua vita con il giusto sound. Si chiama Nicolò De Giosa e non solo è un produttore musicale ma anche un sound engineer e chitarrista che, con le sue note, ha incantato la giuria e vinto l’Urban Bootcamp by tau-marin nella categoria musica.
Con il suo pezzo “Sketiamo gli oceani”, ha conquistato il tutor Michele Salini (in arte Bad Salo) e di seguito anche la giuria ha apprezzato il sound elettrico e il testo impegnato della sua creazione. Intervistarlo e scoprire da vicino le sue inclinazioni è stato un onore e un piacere. Buona lettura!
“Partecipare all’Urban Bootcamp è stato come prendere la tavola da sk8 per andare a un Contest a mille km da casa. Partire in ritardo con la macchina scassata e arrivare con il sorriso stampato sulle labbra e la voglia di far festa.”
Ciao, Nicolò e complimenti per la vittoria, ci racconti qualcosa di te?
Ciao, mi chiamo Nicolò De Giosa, ho 39 anni e vengo da Mogliano Veneto. Sono produttore musicale, chitarrista, sound engineer e appassionato di strumenti musicali. La musica, mia amata inclinazione, da sempre ha avuto un ruolo rilevante nella mia vita, </strong proprio come lo skate, lo snowboard e il surf. Lo skate purtroppo l’ho dovuto abbandonare una decina di anni fa per problemi fisici. Sinceramente? Tutta colpa della vecchiaia!
Parlaci della tua inclinazione per lo skateboarding. Quando e come è nata?
Tutto è iniziato quando avevo sei/sette anni, in un piccolo comune vicino a Venezia. Eravamo quattro amici e non saprei definire l’esatto momento in cui iniziammo ad appassionarci alle tavole. Siccome a fine anni ’80 non si trovavano molte strutture, i nostri genitori ci costruirono un jump (o meglio un bank che usavamo come fosse un jump) e una slidiera. Fu in quel momento che capii che le mie gambe, forse, erano pensate per stare sopra una tavola.
Oltre a essere skater, sei anche musicista. E questa inclinazione quando e com’è nata?
Per quanto riguarda la musica, è un’inclinazione che mi è stata trasmessa principalmente da mio padre. Una chitarra in casa c’era sempre stata: lui aspettava solo il momento in cui gli chiedessi di insegnarmi. Questo accadde più o meno alla stessa età in cui iniziai ad andare in skateboard. Il pomeriggio mi esercitavo e la sera, appena arrivava a casa, mi correggeva le impostazioni delle dita e la ritmica. Così ho iniziato e così non ho mai più smesso.
Se devo però ripensare ai momenti che mi hanno formato di più sono state le sessioni in sala prove e sicuramente i pomeriggi al centro giovani “Monteverdi” del comune di Venezia/Mestre (che non esiste più), i concerti nei club, nei locali e nei c.s.o., prima locali e poi europei.
Com’è stato partecipare all’Urban Bootcamp?
Partecipare all’Urban Bootcamp è stato come prendere la tavola da sk8 per andare a un Contest a mille km da casa. Partire in ritardo con la macchina scassata e arrivare con il sorriso stampato sulle labbra e la voglia di far festa.
Ho coinvolto mia moglie in questo lavoro in quanto sia lo sk8 che la musica hanno fatto da sempre parte della nostra vita ed è stata proprio la musica a farci incontrare. Con lei abbiamo già all’attivo un album a suo nome Silvia Salvagnini che è uscito allegato al libro “Il seme dell’abbraccio: poesia per una rinascita” pubblicato da Bompiani. Ma questa è un’altra storia.
“Dello spazzolino Urban Edition tau-marin la cosa che mi ha colpito di più è la sua semplicità. Il design è molto classico, ma allo stesso tempo attuale e futuristico. È armonioso nelle sue forme e dimensioni, come la musica."
Com’è stato partecipare all’Urban Bootcamp?
Partecipare all’Urban Bootcamp è stato come prendere la tavola da sk8 per andare a un Contest a mille km da casa. Partire in ritardo con la macchina scassata e arrivare con il sorriso stampato sulle labbra e la voglia di far festa.
Ho coinvolto mia moglie in questo lavoro in quanto sia lo sk8 che la musica hanno fatto da sempre parte della nostra vita ed è stata proprio la musica a farci incontrare. Con lei abbiamo già all’attivo un album a suo nome Silvia Salvagnini che è uscito allegato al libro “Il seme dell’abbraccio: poesia per una rinascita” pubblicato da Bompiani. Ma questa è un’altra storia.
Ci racconti qualcosa del tuo elaborato?
Il brano è stato registrato praticamente di getto. Inizialmente avevo pensato a un rifacimento del brano degli “Air - Sexy Boy” intitolandolo “Skater Boy”, ma poi ho voluto creare una cosa da zero.
Ho preso la tavola da sk8 e due bacchette da batteria. Ho iniziato a cercare i suoni che ne potessero diventare la sezione ritmica. Suoni dei cuscinetti, il legno della tavola, i truck e il grip.
Da qui mi sono lasciato trasportare dalle sensazioni che dà la tavola nel momento in cui spingi per affrontare un ostacolo, l’aria che taglia e fischia nelle orecchie, la leggerezza e la potenza che trasmettono l’insieme di questi elementi, la concentrazione e l’estraniazione dal contorno.
Ho aggiunto qualche loop di percussione e utilizzato principalmente suoni di Mellotron e immancabilmente la chitarra elettrica. È un crescendo che poi non sfocia, non trova una risoluzione o uno sfogo. Rimane in uno stallo, che è anche questa una sensazione riconducibile a uno dei momenti dello sk8, quello di quando si è in aria dopo aver staccato da un quarter o un jump.
Completata la base l’ho fatta ascoltare alla mia compagna che ha scritto il testo e infine abbiamo registrato insieme la voce. Diciamo che le è venuto naturale in quanto anche lei ha frequentato per un periodo della sua vita il mondo dello skateboarding, assistendo a contest e passando giornate negli skatepark.
Dall’iscrizione alla conclusione, qual è la fase dell’Urban Bootcamp che più ti ha emozionato?
Ci sono state due fasi che mi hanno emozionato. La prima è stata al momento dell’upload del brano sulla chat Bootcamp, volevo liberare del pensiero e da quella irresistibile tentazione di ascoltare e riascoltare il brano più e più volte nel tentativo di scovare imperfezioni.
La seconda è stata il momento dell’intervista: non mi sento e non mi sono mai sentito a mio agio nel parlare di fronte ad altre persone sapendo di essere al centro dell’attenzione.
Motivo tra l’altro per cui non ho neanche mai accennato mezza nota cantata ad un microfono. Ma neanche sotto la doccia effettivamente!
Cosa ti piace dello spazzolino Urban Edition tau-marin?
Dello spazzolino Urban Edition tau-marin la cosa che mi ha colpito di più è la sua semplicità. Il design è molto classico, ma allo stesso tempo attuale e futuristico. È armonioso nelle sue forme e dimensioni, come la musica.